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LA LETTERA DI PIO II


Enea Silvio Piccolomini (1405-1464) si era impegnato per l'organizzazione di una crociata già a partire dall'indomani della conquista turca di Costantinopoli (1453). Eletto papa nel 1458, indisse immediatamente un congresso dei principi cristiani per studiare tempi e modi per un'offensiva decisiva contro i turchi. Ma i governi d'Europa - forse solo con l'eccezione del duca di Borgogna - non apparivano disposti a compromettersi in un'impresa dalla quale alcuni avrebbero tratto vantaggi ma altri no. Deluso, amareggiato, il papa redigeva nell'autunno del 1461 uno scritto sconcertante: l'Epistola al Mahometem, una lettera al sultano Maometto Il nel quale lo si diceva più grande di tutti i signori cristiani. Se avesse accettato il battesimo, avrebbe potuto essere il nuovo Costantino e dominare la Cristianità.
La lettera naturalmente non fu inviata al sultano (che del resto poté conoscerla, perché dal 1469 se ne fecero molte edizioni a stampa). In realtà, si trattava di un'epistola excitatoria destinatari della quale erano i principi cristiani stessi, che il papa voleva umiliare e spronare. Così Pio Il fingeva di dire al Turco: Se vuoi propagare il tuo impero tra i cristiani e avvolgere di gloria il tuo nome, tu non hai bisogno né di oro, né di armi, né di eserciti, né di navi. Una piccola cosa può renderti il più grande, potente e famoso di tutti gli uomini.
Mi domandi che cosa sia? Facile a indovinare, ricevi il battesimo che ti consenta di partecipare ai riti cristiani e credi nel vangelo. Su questa terra non ci sarà principe che ti superi in gloria e ti eguagli in potenza. Noi ti nomineremo imperatore dei greci e d'Oriente, e ciò che ora occupi con la violenza e ingiustamente sarà tuo per diritto".



        


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