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OMAGGIO ALLA SANTITÀ
I santi sono i nostri amici, scriveva Georges Bernanos. Io aggiungerei che sono anche autentiche arche di sapienza, di cui, un po' come accade per i computer, ci si limita a sfruttare un centesimo delle potenzialità. Lasciando così autentici tesori a riposare negli angoli più dimenticati dell'arca di cui si diceva.
Prendiamo il caso del fondatore dell'Opus Dei, quel Josè Maria Escrivà de Balaguer, che si avvia, tra pochi mesi, ad essere solennemente canonizzato, sotto braccio a Padre Pio da Pietrelcina, un altro che di santità se ne intendeva non poco. Ebbene, a tempo perso, sono andato a spulciare tra i numerosissimi scritti di questo aragonese, tutto caliente di Dio, di cui, oltretutto, il 9 gennaio scorso, ricorreva il primo centenario della nascita, e mi sono imbattuto in un periodo, che, a mio parere, vale tutta intera la canonizzazione che lo attende.
Scrive, dunque, Escrivà: "Se amiamo la Chiesa, non sorgerà mai dentro di noi l'interesse morboso di presentare come colpe della Madre le miserie di alcuni suoi figli. La Chiesa, Sposa di Cristo, non ha motivo di intonare alcun mea culpa. Noi invece sì: <Mea culpa, mea culpa, mea maxima culpa!>. Questo è il vero "meaculpismo", quello personale, e non quello che infierisce contro la Chiesa, indicando ed esagerando i difetti umani che, in questa Madre santa, derivano dalle azioni che vi compiono gli uomini, fin dove gli uomini possono arrivare, ma che non giungeranno mai a distruggere - anzi neppure a toccare - quella che è la santità originaria e costitutiva della Chiesa".
Che ve ne pare? A me sembra di tornare all'infanzia, quando durante la messa - la "terrificante" messa in latino, secondo il rito di S. Pio V, la messa che oggi può essere celebrata solo con l'indulto, tanto da trasformare pacifici parrocchiani in autentici cospiratori - ci veniva insegnato di percuoterci con energia il petto, durante la recitazione di quel "per mia colpa, per mia colpa, per mia grandissima colpa". Che collocava i figli di Eva - e dunque del peccato originale - in ginocchio davanti alla maestà di Dio e della sua Chiesa. Unico strumento tramite il quale la grazia potesse discendere dal creatore alla creatura, dal Padre ai figli, per sollevarli dalla polvere in cui erano caduti.
Erano colpi secchi e ben scanditi, quelli che ci vibravamo sul petto. Colpi sempre più deboli sono poi echeggiati con il trascorrere degli anni, dopo che il Vaticano II aveva messo il silenziatore a mani e braccia - e magari anche al cervello - di tanti cristiani. Allo scopo - s'intende - di non avvilire troppo la dignità umana. Ultimamente, quei colpi sono diventati del tutto simbolici o si sono ridotti a semplici massaggi da praticarsi, a mo' d'infartuati, sul proprio diaframma.
A crescere, in misura inversamente proporzionale, sono stati invece i mea culpa vibrati sul petto della Chiesa, che abbiamo scoperto, a differenza di quanto pensava Monsignor Escrivà, assai meno santa di quanto pensavamo. Una Chiesa piena di colpe, sempre in procinto di chiedere perdono, con tutto un losco passato alle spalle da far dimenticare.
E il "meaculpismo" del fondatore dell'Opus Dei? Meglio lasciarlo in fondo all'arca di cui si diceva. Con i tempi che corrono, non è escluso che qualche giudice elvetico-calvinista alla Carla Del Ponte possa inviargli, persino in paradiso, un qualche avviso di garanzia. Per interessi privati, anzi, privatissimi ( come quelli delle nostre anime da salvare con infiniti mea culpa di contrizione) in linciaggi pubblici ( come quelli a cui è sottoposta la Chiesa) la nostra Madre santa. Perché "è nata pura e continuerà ad essere senza macchia per l'eternità".
ALESSANDRO MASSOBRIO
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