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Cattolici Genovesi




















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GENOVA



 

GENOVA - 1797




Alla vigilia della rivoluzione francese era molto diffusa tra gli ecclesiastici liguri, l'influenza dei giansenisti, i sostenitori di una visione rigoristico-farisaica del cattolicesimo; questa tendenza fu duramente osteggiata dalla Chiesa. I giansenisti, in odio alle condanne emanate da Roma, cercarono di accreditare il movimento rivoluzionario, presso i cattolici, operando in quel periodo, come una "quinta colonna" del giacobinismo.
In Liguria la loro potenza si era accresciuta dopo l'allontanamento dei Gesuiti, provocata dalla bolla Dominus ac Redemptor. emanata da Clemente XIV (luglio 1776) per imposizione delle corti borboniche, a Genova ciò causò la consegna dei collegi gesuiti agli Scolopi, simpatizzanti giansenisti. La contiguità della Repubblica con la Toscana, terra del vescovo giansenista Scipione de'Ricci era un altro elemento inquietante.
Arcivescovo di Genova era ai tempo, Giovanni Battista Lercari (1767-1802), prelato di sicura dottrina ma restio a gettarsi nella mischia, preferendo il quieto vivere. L'antica repubblica fu abbattuta da Napoleone dopo la fallita cospirazione giacobina del maggio 1797, e sostituta con la "Repubblica Democratica Ligure" (1797-1805); i giansenisti liguri colsero nel nuovo regime, l'occasione per pilotare il cattolicesimo genovese verso la chiesa costituzionale di Francia, rappresentata dal Vescovo Gregoire.
Il segnale si ebbe 24 giorni dopo il "golpe" bonapartista, con "l'ammutinamento" del seminario di Genova; i chierici piantarono nel cortile dell'istituto l'albero della libertà bruciando le cattedre gettate dalle finestre e imponendo al Rettore una 'tcapitolazione" in 15 articoli che l'Arcivescovo Lercari accettò; nel documento si intimava la cacciata di alcuni docenti contrari al "nuovo corso".
A fomentare la rivolta era stato l'abate Eustacchio Degola, di cui purtroppo resta immeritatamente traccia nella toponomastica genovese. Degola vero "ideologo" del giansenismo italiano fungeva da emissario ligure del vescovo de'Ricci, affiancato dallo scolopio Molinelli e dai religiosi Giacomo Assereto, Vincenzo Calmieri, Giovanni Battista Cuneo; si distingueva tra questo manipolo di eretici e spretati il monaco Ricolfi, che aveva danzato la Carmagnola sulle ceneri del '6Libro D'oro" il 14 giugno in Piazza dell'Acquasola. Ma in Liguria emergeva su tutti il Vescovo giansenista di Noli, Benedetto Solari, che contava sull'appoggio del fratello Gian Luca, Vescovo di Bugnato; a difendere la religione in questo clima di opportunismo e tradimenti si distinse particolarmente la figura di Gianibattista Lambruschini, prevosto delle Vigne fratello del futuro cardinale. Il governo provvisorio appena insediato, elaborò una costituzione preparata con il vescovo di Noli: il testo era una scopiazzatura delle leggi anticattoliche francesi in materia di religione. Un coraggioso avvocato chiavarese, Giuseppe Gandolfo, diramò allora un documento dal titolo: "Ragionamento cattolico-politico sul mezzo di conservare la democrazia con l'aggiunta di alcune annotazioni al nuovo progetto di costituzione". Era una requisitoria contro il governo che, sotto il pretesto della libertà di coscienza, istigava alla persecuzione del clero. La nuova costituzione doveva essere approvata dal popolo come annunciato, entro il 14 settembre sotto la sorveglianza dei francesi del generale Duphot, ma il governo per superare i dubbi dei parroci e del popolo, escogitò un singolare mezzo di propaganda, la predicazione di "missioni" da tenersi nelle pievi per spiegare la bontà dei nuovi ordinamenti.
Il compito fu delegato a "sedicenti missionari della libertà" a una sessantina di religiosi giansenisti che divisero il territorio da "rievangelizzare" in 11 distretti. Il problema erano i vescovi e i parroci perché senza il loro consenso era impossibile predicare e quindi far approvate il nuovo statuto. L'Arcivescovo di Genova, anche se personalmente contrario, inviò una circolare ai parroci che così recitava: "Siete invitato cittadino fratello, a prestare assistenza spirituale e aiuto ai detti ecclesiastici….. i Missionari saranno muniti dl tutte le facoltà e degni della nostra confidenza" (A.Colletti "La Chiesa durante la Repubblica Ligure "; Genova - Stringa 1954). Monsignor Solari pubblicò una lettera elogiando i "missionari" che operavano onde 'far conoscere la grandezza del beneficio d'avere la libertà" (E.Codignola: Carteggi II 523), ma gli altri pastori non furono cosi arrendevoli. Il Vescovo di Albenga, Paolo Poggiolo, rifiutò le "missionI" ed ebbe l'episcopio saccheggiato dai giacobini; quello di Ventimiglia, Domenico Clavarino, anch'egli contrario, fu deposto e morì un mese dopo. A Sarzana, il vescovo Vincenzo Maggiolo scacciò i missionari con l'aiuto dei suoi preti e delle sassate dei fedeli, ma si andò oltre. Il parroco di Albaro padre Pezzolo, radunò i paesani e marciò sul Genova mentre la stesso avveniva in Val Polcevera ed in Val Bisagno. Il generale Duphot spedì un distaccamento di artiglieria che causò una carneficina tra gli insorti di Albaro, ma nel frattempo dalla Valpolcevera 8000 contadini erano giunti a Sampiardarena; Genova era accerchiata da Ponente.
Visto il pericolo, i giacobini domandarono una tregua tramite l'Arcivescovo Lercari, il quale emanò una pastorale rivolta ai contadini che recitava: ".1 maligni vi hanno forse fatto credere che si voleva togliere la Religione... Noi vi assicuriamo che non resterà in verun modo pregiudicato il deposito della Fede... Concepite un giusto orrore della guerra civile... ~ "; era un chiaro invito alla resa L'armistizio, provocato dall'intervento del prelato fu però violato dai francesi che piombarono a tradimento sui polceveraschi accampati, massacrandone un migliaio (4-5-6 settembre 1797). Il prete (I) scolopio Celestino Massucco così annoto: "I ribelli sono stati uccisi dispersi dagli intrepidi repubblicani. I morti saranno i più fortunati. Ai fuggitivi si darà la caccia a guisa di fiere". ("Giornale del popolo" 6-9-1797). Il governo riprese in mano la situazione ma, intimorito, riscrisse la costituzione in modo tale che sul momento parve accontentare i fedeli, inoltre era così alto il numero degli arrestati che promulgò un amnistia. Le modifiche apportate al testo erano un inganno, infatti, l'anno successivo (18 ottobre 1798) senza l'incubo dei contadini, riapparvero le leggi antireligiose; furono arrestati 130 religiosi amnistiati e soppressi 240 istituti. Vista la drammatica situazione della Chiesa (Pio VI era prigioniero) i settari forzarono la situazione tentando di far nominare un Vicario generale e un Vescovo coadiutore devoto ai giacobini. Il primo obiettivo andò a segno e l'Arcivescovo dopo una breve prigionia a Noli, tornò a Genova, nominando il canonico di Carignano Giambattista Moscino, Vicario generale; lo scandalo fu enorme, Moscino e i giansenisti si stavano impadronendo della diocesi l'elezione di un vescovo senza il mandato papale avrebbe dato la vittoria completa al partito filo francese e, mons. Lercari dopo ogni sorta di pressioni indicò il nome di un lazzarista settario, Felice Talleri, come vescovo coadiutore. Il dramma stava per compiersi, ma il giorno fissato per la consacrazione episcopale (1 5 febbraio i 799) con i palazzi addobbati a festa, presenti tre vescovi liguri (Lercari, e i due fratelli Solari) non se ne fece niente; cos'era accaduto? All'ultimo momento Gian Luca Solari; vescovo di Brugnato in preda ai rimorsi si tirò indietro; la chiesa genovese era salva e non sarebbe entrata nell'orbita del vescovo costituzionale di Blois. Monsignor Lercari riconobbe le sue debolezze in una lettera al Papa; gli intrighi dei giansenisti non erano serviti, la provvidenza aveva premiato la lealtà dei liguri che erano morti per difendere la fede.


RAIMONDO GATTO


 
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