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IL SUDARIO DI EDESSA, LA SINDONE DI GENOVA Percorrendo la circonvallazione a monte di Genova è
impresa ardua individuare un'antichissima chiesa, San Bartolomeo degli
Armeni, letteralmente "incassata" in un palazzo costruito
alla fine del secolo scorso; una croce sul frontale del portone ricorda
l'uso sacro dell'edificio dove è custodita una delle più
preziose reliquie della Cristianità: "lI Sacro Volto di
Emessa". La gran parte dei genovesi ne ignora l'esistenza eppure
la storia della città è strettamente legata a questa reliquia
che nel XV secolo fu rinomata quanto la Santa Sindone di Chambery, La
tradizione vuole che Abgaro re di Edessa in Armenia (oggi Urfa in Turchia),
colpito dalla lebbra senti parlare di un taumaturgo (Gesù) che
predicava in Palestina e incaricò un pittore per raffigurarne
le sembianze; il pittore inviato dal Re non riusciva a ritrarre il volto
del Messia e allora Gesù prese il telo appoggiandovi il volto
intriso di sudore lasciando impressa la Sua immagine. Tornato a Edessa
il pittore toccò il Re armeno con il dipinto prodigioso e questi
guarì dalla lebbra. Già nel III secolo sì ha notizia
del "Sacro Volto" custodito ad Edessa (Eusebio di Cesarea),
Mosè Corense (370-470)~ Evagrio (VI sec.), San Giovanni Dainasceno
(VI sec). Papa Adriano I confermò a Carlo Magno l'esistenza del
sacro lino in Armenia. Nel 639 gli arabi occuparono Edessa ma non distrussero
la reliquia nell'attesa di offrirla a Bisanzio come oggetto di baratto
che, infatti, avvenne nel 944: i bizantini consegnarono agli arabi 12000
monete di argento e 200 saraceni prigionieri in cambio del "Volto"
che fu traslato a Costantinopoli in Santa Sofia. Edessa e il suo leggendario
regno crociato fu l'ultima barriera di fronte all'islam incalzante,
i soldati franchi si fusero con la popolazione armena creando una sacca
di resistenza che fu travolta nel 1144 dai turchi; l'orrore per la stragi
in Armenia suscitò la seconda crociata. L'arrivo a Genova della
venerata reliquia è dovuta al capitano Leonardo Montaldo poi
creato Doge che l'ebbe in dono dall'imperatore Giovanni V Paleologo
per i servigi resi a Bisanzio contro i turchi (1362). Il Montaldo donò
alla cattedrale di San Lorenzo altri cimeli ma custodì segretamente
nella nicchia del suo castello la tavoletta del "Volto": solo
in punto di morte ne rivelò l'esistenza offrendola alla città,
Sulle alture dove ora sorge il rione di Castelletto era stato fondato
un monastero di basiliani armeni (Guglielmo e Martino, 1308) monaci
fuggiti dall'oriente per sottrarsi alle persecuzioni islamiche; in quest'abbazia
fu collocato il "Volto di Edessa". Ai basiliani e alle colonie
armene è legato a Genova il culto di San Bartolomeo: tuttora
esistono sei chiese dedicate a quest'Apostolo Martire, altri templi
furono distrutti dal furore iconoclasta compiuto dalla massoneria che
con il pretesto della "modernizzazione" sconvolse l'urbanistica
genovese alla lino del secolo scorso. Nel 1507 "il Sudario"
fu rubato e trasferito in Francia, ma un'ambasceria di genovesi persuaso
il Re Luigi XII a intervenire per la sua restituzione (1509). Da allora
la reliquia fu chiusa in una stupenda cassaforte d'argento con sette
chiavi affidate a sorte tra le persone più distinte e pie, ed
esposta ai fedeli una volta l'anno; il "Volto" che si trova
oggi sull'altare a metà della parete sinistra è una fedele
diapositiva dell'originale. Nel 1650 Innocenzo X soppresse l'ordine
dei basiliani occidentali e la chiesa fu affidata ai padri barnabiti
di Santi Antonio Maria Zaccaria. Durante l'occupazione napoleonica la
preziosa cassa tu nascosta in abitazioni private perché nella
città. molte chiese erano state profanate e saccheggiate. ogni
anno prima dell'ostensione la cassa è aperta con le sette chiavi
alla presenza dei notai e del popolo. Il "Sacro Volto" o "Sacro
Mandillo" (mandillo in genovese significa fazzoletto) secondo l'ultima
ricognizione voluta dal Cardinale Siri nel 1968, consiste in una tavoletta
di cedro su cui e incollato un tessuto; col tempo si rese necessario
un ritocco pittorico per evidenziare meglio i tratti che andavano sfumandosi,
per questo il "Volto" appare come un icona. Numerose analisi
consentono di rilevare le differenze tra i lineamenti originali e i
restauri successivi; il Prof. Pico Cellini nel 1960 ha stabilito l'esatta
rispondenza del "Volto" genovese con quello della Sindone
di']'ori'io. La tavoletta e racchiusa in una cornice di argento dorato
di origine bizantina ai lati della quale spiccano dieci piccole formelle
che illustrano la storia di Re Abgaro, nel mezzo un apertura col volto
di Cristo stilizzato da cui traspare l'immagine. Fino alla metà
del secolo scorso i genovesi accorrevano in massa alla festa
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