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CAMMINO NEOCATECUMENALE - LE CONFESSIONI

Quanto è scritto di seguito è in breve il racconto di una donna che ha abbandonato il Cammino Neocatecumenale.

Dopo un certo periodo ai neofiti i catechisti decidono quando possono passare ad una fase successiva del cammino. Solo allora i membri della comunità vengono interrogati dai catechisti, che fanno domande riguardanti la vita personale, per saggiare il livello di conversione alla fede di ciascuno. Gli scrutini si svolgono all'interno di saloni parrocchiali o in qualche salone degli alberghi dove si svolgono gli incontri. Di solito si svolgono la sera, dopo le 21 (e si protraggono, a volte, fino all'1.30). Ogni membro della comunità viene a turno fatto sedere avanti al crocifisso e di fronte all'équipe di catechisti e l'interrogatorio avviene davanti a tutti gli altri fratelli. La croce serve per far vedere, come prescrive Kiko, che i candidati si trovano davanti a Cristo, per cui in nessun modo si può mentire o essere reticenti. Le domande sono a tutto campo, e i catechisti non hanno riguardo per alcun tipo di privacy. Non fanno mai domande di carattere trascendente, ma si soffermano sempre a chiedere dei nostri rapporti coniugali, familiari, sessuali, sociali, lavorativi, ecc. L'équipe che compie lo scrutinio è interamente costituito da laici, ad eccezione d'un membro che è il presbitero. Il suo ruolo però è del tutto marginale: i nostri scrutini erano sempre guidati dai laici. Se il sacerdote interviene è sempre per confermare quanto detto dai catechisti. Finito lo scrutinio, i catechisti si ritiravano per decidere tra loro se il candidato è o meno idoneo ad essere ammesso alla tappa successiva. Spesso i contenuti dell'interrogatorio erano drammatici e succedeva che la gente si mettesse a piangere disperata. Alla presenza dei propri figli, genitori, consorti, si venivano a sapere particolari intimi, come le infedeltà coniugali. Ricordo che una coppia, davanti a tutti, apprese dalla figlia che aveva rapporti prematrimoniali col fidanzato. In un'altra occasione una donna raccontò i desideri sessuali del marito nei suoi confronti, per difendersi dalle accuse dei catechisti che ritenevano la coppia "chiusa alla vita". Noi assistevamo attoniti agli interrogatori degli scrutini; però spesso questo tipo di situazioni creavano anche pettegolezzi e maldicenze tra di noi, specie su quelle persone che, prima di crollare di fronte ai catechisti, avevano sempre conservato ai nostri occhi un'aureola di santità. Ad ascoltare queste cose si diventa progressivamente cinici, insensibili alle sofferenza altrui. Spesso le persone erano così soggiogate da queste dinamiche che confessavano cose intime anche quando non era esplicitamente richiesto. A volte si confessavano colpe inventate o ingigantite, per non correre il rischio di essere chiamati davanti a tutti falsi o ambigui. Far vedere a tutti d'essere peccatori era quasi un motivo d'orgoglio, perché chi non aveva nulla da raccontare era visto da noi come un fariseo.

Quanto è descritto in sintesi può essere trovato su internet con maggiori dettagli. Queste forme di confessioni pubbliche se vengono ancora praticate dovrebbero non solo interessare la Chiesa che deve assolutamente condannare e vietare ma anche la giustizia ordinaria per il contenuto di oppressione a cui sono obbligati coloro che si sottopongono a queste pratiche chiamate da loro "scrutini".

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