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IL CONCILIO (PASTORALE) VATICANO II
Benedetto XVI dice che il Concilio Vaticano II è nel solco della Tradizione; per molti settori tradizionalisti rappresenta invece una rottura della Tradizione. In questo dibattito si inserisce il libro di monsignor Brunero Gherardini, "Concilio ecumenico Vaticano II. Un discorso da fare", Un'opera la cui importanza deriva, oltre che dal suo contenuto, dalla figura stessa dell'autore, decano della Pontificia Università Lateranense, postulatore della causa di canonizzazione di Pio IX, direttore della rivista "Divinitas" ed ultimo esponente della grande "scuola teologica romana". Il Vaticano II fu un concilio pastorale: tale lo dissero sempre Giovanni XXIII, Paolo VI e i suoi successori, fino all'attuale Pontefice. Il Vaticano II, chiarisce Gherardini, in quanto "pastorale", fu privo di un carattere dottrinale "definitorio". L'assenza di intenti definitori sembra contraddetta dall'aggettivo "dogmatica", con cui il Concilio qualifica due sue importanti costituzioni: la Lumen Gentium e la Dei Verbum. In realtà, come spiega l'autore, di esse si parla come di "costituzioni dogmatiche" solo perché esse recepirono e riproposero come verità di fede dogmi definiti in precedenti Concili. Il fatto che solo due documenti conciliari furono definiti dogmatici rende comunque evidente che tale carattere non ebbero gli altri documenti. Il Concilio Vaticano II ha certamente un suo specifico insegnamento, non privo di autorevolezza, ma come spiega Gherardini, "le sue dottrine, non riconducibili a precedenti definizioni, non sono né infallibili né irreformabili, e dunque nemmeno vincolanti; chi le negasse non per questo sarebbe formalmente eretico. Chi poi le imponesse come infallibili ed irreformabili andrebbe contro il Concilio stesso". Ne consegue che è lecito riconoscere al Vaticano II un carattere dogmatico solamente là dove esso ripropone come verità di fede dogmi definiti in precedenti concili. "Le dottrine, invece, che gli son proprie non potranno assolutamente considerarsi dogmatiche, per la ragione che son prive dell'ineludibile formalità definitoria e quindi della relativa 'voluntas definiendi'". Non si tratta di mettere in soffitta l'ultimo concilio o di liquidarlo, "si tratta solamente di rispettare la natura, il dettato, le finalità e la pastoralità che esso stesso rivendica". Tuttavia, secondo monsignor Gherardini, i testi presentano una loro ambiguità e possono essere oggetto di critica, storica e teologica. Un tipico esempio è la costituzione che fu detta "pastorale", Gaudium et Spes, del 7 dicembre 1965, sulla chiesa nel mondo contemporaneo. La parola "pastorale" qualifica il suo approccio "umanistico" di simpatia, di apertura, di comprensione verso l'uomo, la sua storia e "gli aspetti della vita odierna e della società umana", con particolare attenzione ai "problemi che sembrano oggi più urgenti". A differenza di tutti gli altri Concili Ecumenici della storia, il Vaticano II non è caratterizzato da una sua incidenza dottrinale - e ancor meno dogmatica - ma dalle novità di atteggiamento, di valutazione, di movimento e di azione introdotte nei gangli vitali della chiesa. Il paradosso è consistito in questo: si è voluto elevare a dogma un Concilio che aveva apertamente chiarito di non voler affermare nessun principio assoluto. Ciò che è pastorale va giudicato non tanto nei principi quanto nei risultati concreti. Nella supplica al Santo Padre che conclude il suo libro, monsignor Gherardini suggerisce come necessaria un'attenta e scientifica analisi dei singoli documenti del Concilio, del loro insieme e d'ogni loro argomento, nonché delle loro fonti immediate e remote: un'analisi che dovrebbe essere comparativa con quella degli altri venti concili, allo scopo di provare se il Vaticano II sia nel solco della continuità più o meno evolutiva, o sia invece con essa in parziale o totale rottura.


 
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