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INTRODUZIONE Questo libretto di poche pagine ha lo scopo di portare a conoscenza di un certo numero di persone quali sono i problemi morali e medici che sorgono dal prelievo di organi. La legge 91 emanata in Italia nel 1999 ha lo scopo di rendere legale interventi di espianto su individui in morte cerebrale. Inoltre, col principio del silenzio-assenso, introdotto dalla presente normativa si rischia di essere tutti donatori. Per questo, anche se l'argomento non è facile, è necessario conoscerlo. Premesso che gli autori del presente scritto non sono contrari alla donazione di organi, dobbiamo rilevare che esiste presso la popolazione italiana una totale disinformazione al riguardo. Nel dibattito che dovrebbe coincidere con certe decisioni di così vitale importanza, tutti dovrebbero essere coinvolti ed essere adeguatamente informati in modo da avere una capacità di giudizio. La cosa, invece, è tutta nelle mani dei vertici della politica, dell'alta chirurgia, delle aziende farmaceutiche e nel mondo secolarizzato e venale come quello attuale, il bene comune e la morale spesse volte sono mascherate dietro altre finalità meno confessabili. Con questo breve scritto ci ripromettiamo di affrontare alcuni argomenti ponendo domande e cercando di dare risposte in modo da ampliare un po' di più il quadro degli espianti. Una domanda per tutte - chi è dichiarato in morte cerebrale è davvero morto ? Sono sufficienti gli strumenti e gli esami adottato per accertare il decesso ? Cosa ne pensate del silenzio assenso ? Sono alcune delle domande che ci siamo posti e per chi ha pazienza di leggere cerchiamo di dare risposta. Carlo Barbieri PARTE I - Gli elementi che permettono "la sentenza di morte cerebrale" Perché il concetto di morte cerebrale? Il concetto di morte cerebrale è strettamente connesso al problema dell'espianto-trapianto" degli organi nobili del nostro organismo (quali fegato, polmone, rene, cuore), ovvero quegli organi che in pochi minuti si deteriorerebbero irrimediabilmente in assenza di circolazione sanguigna". Ciò è legato soprattutto alla possibilità pratica di superare il problema del rigetto, grazie alla scoperta, avvenuta negli anni Sessanta-Settanta, di potenti farmaci ad attività immunosoppressiva quali l'azatioprina, la ciclosporina ed il siero antilinfocitario, assieme alla possibilità di tipizzare i tessuti. In questo modo i trapianti d'organo uscirono dal campo esclusivamente sperimentale, La possibilità tecnica, nata negli anni '60 e in seguito sviluppatasi", di procedere al trapianto di organi a scopo terapeutico implica un donatore a cuore battente, quindi non un morto secondo i criteri classici del cadavere freddo e/o con processi putrefattivi incipienti, ma, secondo quegli stessi criteri, ben vivo. Solo in soggetti di questo tipo, che conservano le funzioni vitali di tipo vegetativo, ma che nello stesso tempo - è bene ripeterlo ancora - hanno un deterioramento non riparabile di quelle cerebrali è possibile e contemporaneamente lecito giuridicamente procedere al prelievo. Da qui la definizione di morte cerebrale e anche la ridefinizione del concetto stesso di morte in sé, uguale per tutti, innovazione recente della nostra legislazione. A partire dagli Stati Uniti (1968) le nuove norme legislative di ridefinizione del concetto di morte si sono imposte oggi in tutti i paesi del mondo a tecnologia avanzata. Preciso che il concetto di morte cerebrale e la problematica relativa non si pone nel caso di prelievo da vivente cosciente (cosa possibile, previo consenso, per rene, midollo osseo e parte di fegato) e non si pone nemmeno nel caso di quelle parti dell'organismo non soggette a deterioramento rapido e quindi prelevabili anche dopo molte ore l'avvenuta cessazione della funzione cardiocircolatoria (esempio, cornea). Per chiarire la questione della morte-non morte secondo la Legge n. 91/1999 sugli espianti, sintetizziamo i contenuti. Viene legalmente considerata morte cerebrale: La cessazione irreversibile di tutte le funzioni dell'encefalo; l'assenza di riflessi del tronco encefalico; l'accertamento della morte cerebrale e quindi dell'espiantabilità viene attuato da un collegio di medici secondo i criteri di cui al D.M. 589/94; Nella discussione sono emersi elementi interessanti quali: a) gli elettroencefalogrammi vanno letti accuratamente: per esempio, ci possono essere interferenze delle macchine usate che eccitano i tracciati o, come gli anestetici, che li appiattiscono; b) Negli adulti, 6 ore di osservazione sono ritenuti ora sufficienti per accertare la morte; c) il 90% degli espianti avviene in seguito a incidenti. Spesso il coma è dovuto a un semplice ematoma*, dovuto ad un urto. Questo provoca un travaso di sangue che impedisce la circolazione. L'ematoma può a volte essere risolto in 40 minuti e far uscire dal coma la persona. Un elemento significativo di una certa mentalità è l'opinione espressa in questa sede dal primario prof. Altamura che ha affermato:" Non capisco queste polemiche, quando uno è morto il corpo dovrebbe essere nazionalizzato e basta". Nel tesserino ministeriale giunto nel 2000 a tutti gli elettori italiani, dove si chiedeva di dichiararsi donatore o meno si legge: "la donazione degli organi avviene solo dopo che si è fatto di tutto per salvare il paziente, ma il cervello non funziona più e non potrà mai più essere funzionante a causa della completa distruzione delle cellule cerebrali". Vi sono affermazioni critiche apparse su Il Giornale del 18/12/93 all'indomani della legge 578/93, che portava a 6 ore (da 12), il tempo di osservazione per la "sentenza di morte cerebrale". PARTE II - Problemi etici e Chiesa cattolica Diamo una visione dei cambiamenti nel pensiero cattolico. Spesso nel nostro paese si fa riferimento alla Chiesa cattolica per indicare come a favore della donazione degli organi intervenga all'unisono anche una grande forza spirituale. Nuclei di resistenza a questo modo di pensare s'incontrano soprattutto in associazioni d'ispirazione "tradizionalista" come Famiglia Domani e Fiducia, in associazioni cattoliche come Famiglia e Civiltà. La voce più autorevole, contraria all'accettazione di un criterio cerebrale di morte, è quella del cardinale di Colonia Joachim Meisner, Si tratta, di posizioni senza dubbio minoritarie, che possono anche sembrare in stridente contrasto con quelle ufficiali. Papa Pio XI, in Casti connubii (anno 1930): "... Le pubbliche autorità, poi, non hanno alcuna potestà diretta sulle membra dei sudditi; quindi ... non possono mai, in alcun modo ledere direttamente o toccare l'integrità del corpo, né per ragioni eugenetiche, né per qualsiasi altra ragione ...." In un celebre discorso di Pio XII(risposte ad alcuni quesiti sulla rianimazione) si legge: "La ragione naturale e la morale cristiana insegnano che l'uomo (e chiunque abbia l'ufficio di assistere il prossimo) ha il diritto e il dovere, in caso di malattia grave, di adottare le cure necessarie per conservare la vita e la salute. Tale dovere, non obbliga, generalmente, che all'impiego dei mezzi ordinari, ossia di quei mezzi che non impongono un onere straordinario per se stessi o per altri" Il punto decisivo del discorso di Pio XII è che: "I pazienti che sono immersi in una profonda incoscienza sono ancora vivi". Com'è noto, la Pontificia Accademia delle Scienze convocò, nel dicembre del 1989, un gruppo di lavoro, già istituito nel 1985 ", per affrontare proprio questo tema. Se si legge il discorso ad esso rivolto da Giovanni Paolo II, ci si può subito rendere conto come sia avvenuto lo spostamento d'accento. Per Giovanni Paolo II non vi è altra via che quella di "determinare nel modo più esatto possibile il momento preciso ed il segno irrecusabile della morte. Una volta acquisita questa determinazione il conflitto apparente tra il dovere di rispettare la vita di una persona e il dovere di curare o addirittura salvare la vita di un altro scompare". Per Giovanni Paolo II la morte "sopravviene quando il principio spirituale che presiede all'unità dell'individuo non può più esercitare le sue funzioni nell'organismo e sull'organismo, i cui elementi, lasciati a se stessi si dissociano". Si noti, il Papa non parla qui, né in tutto il discorso, dell'encefalo, ma proprio i lavori della Pontificia Accademia delle Scienze giungeranno alla conclusione che quel principio spirituale responsabile dell'inte grazione delle diverse parti corporee non poteva che essere il cervello e che dunque la nuova definizione di morte in termini cerebrali poteva essere accettata. Così, la Chiesa cattolica era giunta a legittimare i trapianti, in fondo allo stesso modo in cui essi lo furono per molte legislazioni statali e, cioè, sulla base dell'avvenuta morte del soggetto da cui gli organi venivano prelevati. Il Catechismo della Chiesa Cattolica (anno 1992): Paragrafo 2296 - "Il trapianto d'organi non é moralmente accettabile se il donatore o i suoi aventi diritto non vi hanno dato il loro esplicito consenso. (...) E' moralmente inammissibile provocare direttamente la mutilazione invalidante o la morte di un essere umano, sia pure per ritardare il decesso di altre persone". Par. 2279 - "Anche se la morte é considerata imminente, le cure che d'ordinario sono dovute ad una persona ammalata non possono essere legittimamente interrotte...." Per contro, Mons. Elio Sgreccia, direttore dell'Istituto di Bioetica dell'università cattolica di Roma (intervista su La Repubblica - anno 1998):"Nessun problema etico e morale: per la Chiesa il trapianto degli organi non dà luogo a nessuna forma di illecito". Per la Chiesa, si può donare organi tra vivi se il donatore non subisce danni sproporzionati e si può prelevare organi solo da individui deceduti. Il principio è giusto, più difficile è la sua applicazione. PARTE III - Aspetti medico-scientifici Affronteremo qui, dal punto di vista medico-scientifico il concetto di morte e la procedura diagnostica. Il concetto di morte Torniamo a considerare quella definizione così chiara ed esauriente della legge Nº578 del 1993, che qui vogliamo riscrivere: Articolo 1. Definizione di morte. "La morte si identifica con la cessazione irreversibile di tutte le funzioni dell'encefalo". Vediamo quindi come si è sviluppato questo concetto di morte cerebrale con semplici parametri incentrati su di un solo organo, l'encefalo, anzi, come vedremo meglio nel seguito, su una parte di esso: il tronco cerebrale e con maggiore precisione in cosa consiste. Tutto l'organismo o l'organismo come un tutto? "Qualsiasi concetto valido di morte deve essere necessariamente collegato ad un mutamento irreversibile nello stato dell'organismo come un tutto. La vita dipende dall'integrazione di funzioni fisiologiche quali l'ingestione, la digestione, l'assorbimento, la respirazione, la circolazione, il metabolismo, l'escrezione e l'eliminazione. La morte è perdita irreversibile di questo funzionamento integrato, essenziale alla conservazione dell'organismo come un tutto; è il ruolo svolto da un sistema critico che organizza e integra gli altri sistemi e che non può essere sostituito artificialmente. Questo sistema critico è il cervello, la cui funzione di integrazione dipende dall'esistenza di un tronco cerebrale intatto". Pallis (in "The ABC of brainstem death", London, BMJ, 1983, N.D.A.) ha descritto la morte del tronco cerebrale come il "nocciolo fisiologico" della morte cerebrale. Poiché la distruzione del tronco cerebrale impedisce il funzionamento integrato del cervello come un tutto, una diagnosi di perdita irreversibile della funzione del tronco cerebrale è la quintessenza dell'intera morte cerebrale. Mentre la "morte del tronco cerebrale" richiede test semplici e diretti, i criteri per la "morte di tutto l'organismo" possono essere soddisfatti solo da test per la putrefazione, poiché la vita cellulare in alcuni tessuti può continuare ancora a lungo dopo che l'organismo come un tutto ha cessato di funzionare. Lo stato vegetativo persistente Esiste grande confusione specie nell'ambito giornalistico. Lo stato vegetativo persistente si ha quando vi sono massicci danni cerebrali confinati agli emisferi cerebrali; mentre, sono risparmiati gran parte del tronco cerebrale e in particolare la capacità respiratoria spontanea. Possiamo trovare questi pazienti nei cronicari di tutto il mondo. Non mostrano segni di autoconsapevolezza, né esibiscono reazioni intenzionali a stimoli esterni. I loro occhi possono aprirsi periodica mente e mostrano sequenze sonno-veglia; possono inoltre esibire movimenti di sbadiglio e di masticazione oltre che di degluti zione spontanea. Si può sollecitare da loro una varietà di reazioni riflesse semplici o complesse. Lo stato vegetativo persistente ha una prognosi cardiaca potenziale di mesi o perfino di anni. Il coma dépassé I pazienti in coma dépassé sono in coma irreversibile associato con la perdita della capacità di respirare. Non solo hanno perso ogni capacità reattiva agli stimoli esterni, ma sono incapaci di far fronte al loro ambiente interno: sono ipotermici*, soffrono di diabete insipido* e non sono in grado di mantenere la loro pressione sanguigna. La prognosi cardiaca in queste condizioni è al massimo di pochi giorni, ma talvolta si riduce a poche ore. Il coma dépassé corrisponde alla morte del tronco cerebrale (che equivale alla "morte dell'organismo come un tutto" e che ha una prognosi cardiaca di rado oltre la settimana), L'avvento e lo sviluppo della tecnologia dei trapianti d'organo, alla fine anni '60, portò all'esigenza pratica di dare un supporto giuridico-scientifico ai trapianti d'organo. Nel 1968, la Commissione della Harvard Medical School, appositamente convocata, fornì la definizione di morte cerebrale che da allora acquisì riconoscimento universale. I criteri harvardiani erano 5, più 2 raccomandazioni: mancanza di risposta a stimoli intensamente dolorosi; assenza totale di respirazione spontanea; assenza di riflessi spinali e del tronco cerebrale; assenza di attività posturale come nel decerebrato (completa atonia dei muscoli scheletrici); elettroencefalogramma piatto. Infine i risultati clinici ed elettroencefalografici non devono mutare in una seconda valutazione effettuata almeno 24 ore più tardi." Ecco i 5 criteri del Minnesota ricalcano sostanzialmente nei primi quattro punti quelli di Harvard mentre il quinto richiede l'individua zione del processo patologico irreversibile responsabile del coma. PARTE IV - La legislazione in Italia La legislazione degli ultimi 50 anni in materia di accertamento della morte ha subito una continua e intensa evoluzione e ciò comporta anche una notevole difficoltà di lettura anche della legislazione attuale. Per la legge N° 235 del 1957 all'art. 5 l'accertamento della realtà della morte avveniva secondo i metodi della semeiotica medico-legale I segni dell'avvenuta morte si basavano allora sull'arresto cardiocircolatorio (cuore fermo, cadavere freddo, ipostasi*) e sull'incipienza di processi putrefattivi e, salvo i casi di decapitazione o di maciullamento, era d'obbligo un periodo di osservazione di almeno 24 ore, da protrarsi fino a 48 ore nei casi di morte improvvisa ed in quelli in cui si avessero dubbi di morte apparente. La concezione filosofica e scientifico-fisiologica prevalente di quegli anni (e fino a tutti gli anni '50) era appunto che "la morte, come la vita, non si può definire, ma solo constatare". La legge Nº 91 del 1999 - nota con il nome di legge del silenzio-assenso - non cambia nulla riguardo alle norme per l'accertamento della morte, contenute nelle leggi precedenti e in particolare nella legge Nº578 del 1998, che è attualmente in vigore. La definizione di morte come già detto, l'art. Nº1 così recita: "Definizione di morte. La morte si identifica con la cessazione irreversibile di tutte le funzioni dell'encefalo". E' questa l'importante novità! La cosiddetta morte cerebrale appunto. Dopo aver definito la morte, all'art. 2 la legge ne regolamenta l'accertamento e distingue due condizioni. La prima è la morte per arresto cardiaco. In questo caso, la morte "...si intende avvenuta quando la respirazione e la circolazione sono cessate per un intervallo di tempo tale da comportare la perdita irreversibile di tutte le funzioni dell'encefalo..." (art. 2, comma 1). Per accertare questo tipo di morte sono sufficienti adesso 20 minuti di elettrocardiogramma piatto effettuato con rilievo grafico continuo (art. 1, D. M. Nº 582 del 1994). Se ciò non fosse possibile (per indisponibilità di elettrocardiografo) si ritorna a quel periodo di osservazione di 24 ore, prolungabili a 48. Il secondo caso contemplato di morte è proprio la morte dell'encefalo, che avviene primariamente e senza che ciò comporti l'arresto cardiaco (art. 2, comma 2). Il fatto che la morte encefalica non comporti contemporaneamente la perdita di altre funzioni vitali primarie (principalmente e regolarmente quella respiratoria) avviene grazie a tempestive misure rianimatorie in atto. I criteri attuali, per l'accertamento di morte, sono i seguenti (articoli 2, 3 e 4 del D.M. Nº582 del 1994). Contemporanea presenza delle seguenti condizioni: 1) stato di incoscienza; 2) assenza dei seguenti riflessi: - a) corneale, - b) fotomotore, - c) oculocefalico e oculovestibolare, 3) assenza di reazioni a stimoli dolorifici portati nel territorio di innervazione del trigemino*; 4) assenza di respirazione spontanea dopo sospensione della ventilazione artificiale, fino al raggiungimento di ipercapnia*; 5) registrazione di EEG piatto per almeno 30 minuti. La durata del periodo di osservazione è di 6 ore se il soggetto a più di 5 anni - 12 ore da 1 a 5 anni - 24 ore età inferiore all'anno. Mentre, la legge 644/75 prevedeva, in precedenza l'osservazione di 12 ore. Con la legge 91/99 viene a cessare la doppia normativa tra soggetto donatore di organi: accertamento della morte e successivo prelievo rispetto al soggetto non donatore per il quale continuava l'attività assistenziale di rianimazione in attesa dell'arresto cardiaco. Ora il trattamento è unificato a quello di donatore. Tutte le condizioni sopra (punti da 1 a 5) devono essere rilevate 3 volte: all'inizio, a metà e alla fine del periodo di osservazione. Vengono infine elencati dei fattori concomitanti in grado tale da interferire sul quadro clinico complessivo: • farmaci depressori del S.N.C., • ipotermia, • alterazioni endocrinometaboliche, • ipotensione sistemica pregressa. Anche nella normativa attuale, come vediamo, non viene accolta quella importante condizione Nº5 dei Criteri del Minnesota di accertamento contestuale del processo patologico encefalico che ha portato al coma. Rispetto alla legge precedente, vi è maggiore precisione nel rilievo dell'assenza del respiro spontaneo (punto 4), i riflessi encefalici non vanno più esaminati nella loro totalità e la procedura viene semplificata alla ricerca di solo 6 riflessi (punti 2 e 3). Vi è infine, una importante novità riguardo all'introduzione dell'accertamento di assenza di flusso cerebrale, ma quest'ultima non in aggiunta agli altri test, ma solo in certe situazioni particolari e in alternativa ai test. Accertamento del flusso cerebrale La rilevazione di assenza di flusso cerebrale - dice il regolamento ministeriale - va effettuata in quei casi concomitanti elencati prima (farmaci depressori del S.N.C.*, ipotermia, alterazioni endocrino- metaboliche e ipotensione sistemica pregressa). In quei casi occorre procrastinare l'iter diagnostico fino all'avvenuta normalizzazione del quadro clinico, oppure, in alternativa, procedere al rilievo del flusso ematico cerebrale. Il flusso ematico cerebrale va rilevato anche nelle seguenti situazioni particolari: bambini di età inferiore ad 1 anno, situazioni che non consentono una diagnosi eziopatogenetica certa o che impediscono l'esecuzione dei riflessi del tronco o dell'elettroencefalogramma (EEG). Quindi la nostra normativa prevede sì il rilievo di assenza del flusso cerebrale, ma solo in casi particolari indicati, non in aggiunta agli altri esami clinici e strumentali che il protocollo prevede, ma in alternativa ad essi. In caso di traumi gravi, il paziente viene normalmente trattato con barbiturici (o altri farmaci analoghi) per salvaguardarne le funzioni cerebrali (pericolo di attacchi epilettici post-traumatici), tali farmaci possono mimare pienamente una situazione di morte cerebrale (coma profondo, EEG silente e assenza di riflessi encefalici). Il collegio a questo punto, vedendo la situazione particolare, può procedere alle 6 ore di rilevamento dopo però aver prima aspettato la normalizzazione della barbituremia, oppure, in alternativa, rilevare il flusso cerebrale con non specificate "indagini complementari" e, come si dice, tagliare così la testa al toro. La legge impone di effettuare l'esame una volta sola: mentre le altre rilevazioni cliniche e strumentali, elencate prima nei punti da 1 a 5, dovono essere ripetute 3 volte (all'inizio, a metà e alla fine). Come ha ben esposto il Dott. Guido Cantamessa, medico specialista in anestesia e rianimazione, in un suo recente articolo: "L'obiettivo è quello di procrastinare la morte dell'organismo con tecniche di rianimazione cosicché, nonostante il cervello sia morto, si ha la ripresa dell'attività cardiaca, si anticipa la dichiarazione di morte del soggetto, mentre si procrastina la morte di tutto il resto dell'organismo e si utilizzano gli organi ben ossigenati". Il Collegio dei medici accertatori I medici del collegio devono essere 3: un medico legale o, in mancanza, medico di direzione sanitaria o specialista in anatomia patologica; un medico specialista in anestesia e rianimazione; un medico neurofisiopatologo o, in mancanza, un neurologo o neurochirurgo esperti in elettroencefalografia. I medici del collegio devono essere tutti e tre dipendenti di strutture sanitari pubbliche (ibidem, art. 2, comma 5) e devono esprimere giudizio unanime (ibidem, comma 9). Si prescrive inoltre che "I medici che effettuano il prelievo delle parti di cadavere ed il successivo trapianto devono essere diversi da quelli che accertano la morte". PARTE V : Considerazioni critiche Se pur già accennati, nelle note precedenti, alcuni motivi di dissenso e perplessità. Quali funzioni? La definizione di morte è indicata come cessazione irreversibile di tutte le funzioni dell'encefalo. Vediamone ora le perplessità e contraddizioni. Essendo l'encefalo l'organo più misterioso in assoluto (sconosciuto, si calcola, almeno al 99%), sicuramente bisognerà intendere quelle note e che sono sicuramente pochissime rispetto a quelle reali. Andando quindi a vedere le funzioni conosciute, ne indico alcune importanti che, pur trascurate dal protocollo legislativo: 1) funzione endocrino-metabolica* mediata dall'asse ipotalamo-neuroipofisi (secrezione di ADH), 2) omeostasi termica* (ipotalamo posteriore) 3) omeostasi pressoria* (nucleo motore vagale e centro vasocostrittore bulbare). In altre parole, i soggetti sottoposti ad indagine di morte cerebrale, dovrebbero essere indagati, per esempio, anche sulla presenza o meno di diabete insipido, tendenza alla ipotermia, deficit e/o grado di omeostasi pressoria. Irreversibilità o no? Recenti studi pongono dubbi sulla irreversibilità della morte neuronale. "Il nostro lavoro dimostra che nel cervello umano si ha genesi cellulare e che per tutta la vita il cervello umano mantiene la potenzialità di auto-rinnovamento. I nostri risultati dimostrano che, nel cervello adulto, delle cellule si suddividono e che alcune delle cellule così generate sopravvivono e si differenziano in cellule con le caratteristiche morfologiche e fenotipiche dei neuroni, tuttavia non abbiamo provato che queste cellule di nuova generazione siano funzionali" (Netherlands Institute for Brain Research). Il test Elettroencefalografico Nonostante l'alta suggestione che sembra riscuotere nel pubblico, l'EEG, in generale, viene visto dai neurologi come importante esame di conferma, ma non di per sé diagnostico. Acquisterebbe maggiore importanza diagnostica - se la batteria di rilievi EEG fosse ripetuta a brevi intervalli e per almeno 24 ore (cfr. i vecchi criteri di Harward). L'EEG rileva infatti un'attività elettrica corticale (del Cervello), non direttamente del Tronco Cerebrale, che, come abbiamo visto, è oggetto quest'ultimo più importante ai fini delle indagini di morte. Come mai, quindi, la legislazione Usa l'ha abbandonato mentre quella italiana insiste ad adottare questo criterio di misura, quando è dimostrata la sua non validità scientifica. Il sospetto è che si presti bene alla propaganda mediatica dei fautori della morte cerebrale. Il tempo a disposizione In un resoconto particolareggiato delle fasi essenziali della diagnosi, il padre della morte cerebrale, Pallis sottolinea l'importanza di un "approccio senza fretta", sostenendo che la respirazione artificiale del paziente in coma dovrebbe essere proseguita "per tutto il tempo necessario all'accertamento se le precondizioni sono state soddisfatte e se tutte le condizioni da escludere sono state effettivamente escluse". Riguardo sempre al tempo, già in uno studio del 1985 era stata messa in discussione la presunta grande vulnerabilità dei neuroni alla ipossia* da ischemia* cerebrale. Un approfondito studio effettuato al Netherlands Institute for Brain Research riscontra sopravvivenza di neuroni cerebrali umani fino a 8 ore dopo la morte. "...vi sono prove che neuroni cerebrali umani sopravvivono fino a otto ore dopo la morte, tanto è vero che hanno la potenzialità di recuperare le loro funzioni di metabolismo energetico e di trasporto assonico*. Le prove sono state ottenute mediante lo studio di più di trenta cervelli umani post mortem. Il ritardo post mortem è stato di norma compreso fra tre e sei ore. ...tessuti cerebrali [furono prelevati] da diverse zone (corteccia, ipotalamo, tronco cerebrale)... Si potrebbero sviluppare nuove strategie per la cura dei danni provocati al cervello umano da arresti cardiaci transitori o da ictus" Non si tragga qui la conclusione affrettate; tuttavia, è possibile invece che possano aprire prospettive terapeutiche avanzate. Citiamo qui esempio di successo terapeutico avvenuto in Giappone nel 1996 e nel 1997. La segnalazione proviene da Yoshio Watanabe (Hospital Director, Toyota Regional Medical Center, Professor emeritus of Medecin, Fujita Health University). Questo gruppo ha applicato un trattamento di ipotermia cerebrale controllata, con mantenimento di una adeguata pressione endocranica, per curare 20 casi di ematoma subdurale acuto associato a danno cerebrale diffuso, e per curare 12 casi di ischemia cerebrale globale provocata da arresto cardiaco della durata da 30 a 47 minuti primi. Tutti i pazienti si trovavano in uno stato di coma valutato fra 3 e 4 della Glasgow Coma Scale e presentavano dilatazione bilaterale delle pupille e perdita del riflesso alla luce. Eppure, a seguito di questo trattamento, 14 dei 20 pazienti del primo gruppo (ematoma subdurale acuto associato a danno cerebrale diffuso) e 6 dei 12 pazienti del secondo gruppo (ischemia cerebrale totale conseguente a arresto cardiaco da 30 a 47 minuti) sono ritornati ad una normale vita quotidiana, con pieno ristabilimento delle loro capacità di comunicazione verbale, tranne che in un caso. Quanto riportato tuttavia implica un chiaro spostamento del punto di non ritorno verso (o, forse, dentro) lo stadio di morte cerebrale. Ne consegue che una diagnosi affrettata di morte cerebrale senza che siano state tentate tali nuove misure terapeutiche potrebbe ben costituire un caso di omicidio o, come minimo, un caso di "mala sanità". Tutti i fautori della morte cerebrale devono chiarire bene la loro posizione su questo punto. Il test dell'apnea (si esclude la respirazione assistita) Tale test risulta problematico per due ordini di motivi: danno ipossico* che il test direttamente provoca all'intero organismo e in particolare a livello neuronale; necessità di "svezzamento" graduale, dopo un lungo periodo di intubazione, volto al tentativo di ripristina re una respirazione spontanea. Farmaci depressori del SNC La legislazione prescrive, in caso di farmaci che peraltro vengono comunemente somministrati a pazienti con gravi lesioni encefaliche, di aspettare che le condizioni cliniche si normalizzino, prima di procedere all'iter diagnostico. Come abbiamo detto viene alterato l'EEG. Assenza di flusso cerebrale Come già precedentemente rilevato, si tratta di esami che allo stato attuale hanno alta affidabilità, soprattutto se integrati fra loro e non di difficile attuazione in un ospedale attrezzato. La legge dovrebbe prevedere il sistematico svolgimento di esami quali angiografia, eco-doppler, o anche PET, SPECT, angio-RMN, allo scopo di ricercare anche eventuali residui funzionali di circolazione intracranica. In loro presenza, è difficile parlare di morte di ogni funzione cerebrale. Il collegio medico Sono sufficienti tre membri nel collegio medico accertatore nominato dalla direzione sanitaria? Non sarebbe meglio integrarlo con un medico di parte, quest'ultimo scelto per esempio nella figura del medico di famiglia del possibile morto cerebrale o in qualsiasi altro consulente da lui preventivamen te indicato in vita cosciente? Diagnosi di lesione cerebrale E' questo un requisito fondamentale alla base della legislazione di diversi States degli USA e che, come abbiamo visto, è una delle condizioni base dei criteri del Minnesota. Condizione da porre nel protocollo diagnostico potrebbe essere quindi: diagnosi di lesione cerebrale (sede, tipo, estensione). Autopsia obbligatoria Accanto alla diagnosi di lesione cerebrale è auspicabile porre l'obbligo per legge - come del resto è spesso prassi nei decessi in ospedale - dell'autopsia del donatore (in particolare dell'encefalo) e alla presenza di un consulente di parte. Avrebbe un ruolo prezioso non solo per il controllo della veridicità della diagnosi di lesione cerebrale posta prima dell'espianto, ma anche ai fini statistici e di ricerca scientifica sulle funzioni fisiopatologiche cerebrali. CONCLUSIONI
Alcune riflessioni
La situazione oggi in Italia
Assone = prolungamento filamentoso delle cellule nervose
Pag 1 Introduzione Per una informazione più completa leggere il libro
Donare gli organi ? CARLO BARBIERI |